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Giornale di Brescia: di cosa parliamo quando parliamo del depuratore del Garda

 

Giornale di Brescia: Di cosa parliamo quando parliamo del depuratore del Garda

Tra le grandi opere al centro del dibattito nel territorio bresciano c'è il depuratore del Lago di Garda, l'infrastruttura cioè che dovrà migliorare il sistema di trattamento delle acque reflue dei Comuni dell'area del Benaco su entrambe le sponde. Quello attuale, risalente agli anni Settanta, ha un unico punto di raccolta finale nel depuratore di Peschiera del Garda a cui arrivano tutti gli scarichi fognari attraverso un lungo sistema di tubature che comprende anche quelle che attraversano il lago dal lato bresciano fino a quello veronese.

Tali condutture sono ritenute ormai inadatte, in particolar modo quelle che scorrono sott’acqua, in cui di recente sono emersi problemi di degrado. L'impianto di Peschiera, inoltre, è sottodimensionato: 330mila abitanti equivalenti contro un'esigenza che supera abbondantemente il mezzo milione. Abitante equivalente, per chiarire, è l'unità di misura utilizzata nell'ambito della depurazione delle acque e corrisponde a 200 litri di reflui al giorno. A questi problemi si aggiungono gli scarichi fognari che finiscono direttamente a lago senza trattamento (Desenzano e Salò sono tra i centri in cui il problema è più evidente) e la mancata separazione delle acque bianche (principalmente la pioggia) da quelle nere.

Come ci siamo arrivati. Data per assodata la necessità di un nuovo sistema di raccolta e depurazione sul Garda, il problema è stabilire che fare.

Uno studio del 2007, redatto da Carlo Ciaponi e Carlo Collivignarelli, mette in luce i problemi di quello attuale e ipotizza tra le altre cose un nuovo depuratore a Lonato in cui far confluire tutti i reflui dei comuni della sponda bresciana. Successivamente, è l'azienda a controllo pubblico Garda Uno a predisporre tre diversi progetti: 1) depuratore unico a Peschiera; 2) depuratore a Visano per tutti i Comuni gardesani bresciani; 3) depuratore a Visano per i Comuni gardesani bresciani, tranne Desenzano e Sirmione, che dovrebbero restare collegati a Peschiera.

Prevale la terza ipotesi, finita nel 2016 in un progetto preliminare approvato all'Autorità d'ambito di Brescia. Questo stesso progetto, presentato in contemporanea a quello riguardante la sponda veronese (a firma Azienda Gardesana Servizi) è poi al centro di un accordo di programma tra Ministero dell'ambiente, Lombardia, Veneto, comprese le Ato di Brescia e Verona: a fronte di un costo complessivo di 230 milioni, il Governo ne mette a disposizione 100. È il dicembre 2017.

Due anni dopo, sulla sponda veronese è già stato consegnato il progetto definitivo per l’ampliamento dei collettori fognari nonché dell’impianto di Peschiera, mentre del nuovo depuratore bresciano non c’è traccia. Il motivo? Sostanzialmente, non è ancora stato trovato un accordo definitivo sul luogo in cui collocarlo. L’ipotesi Visano, ad esempio, provoca da subito forti proteste da parte delle istituzioni e della popolazione del paese, sostenute anche da centri limitrofi come Acquafredda, Remedello, Asola, Casalmoro, Canneto sull’Oglio, Acquanegra sul Chiese.

Uno snodo importante nella vicenda è collocato nel 2018, quando Garda Uno entra a far parte di Acque Bresciane, vale a dire il gestore unico del servizio idrico integrato in 92 Comuni bresciani (entro il 2030 estenderà le proprie competenze a tutti i 205 centri della provincia). Nei primi mesi dell’anno, si fa strada l’ipotesi che l’impianto, invece che a Visano, possa essere costruito a Lonato, con la relativa opposizione da parte di alcuni esponenti politici locali. Tutto nasce dal fatto che in quel periodo Acque Bresciane congela il progetto Visano e commissiona all’Università degli Studi di Brescia un’analisi tra sei diversi piani definiti in base alle rispettive localizzazioni:

    Peschiera (impianto unico potenziato);
    Peschiera e Lonato;
    Peschiera e Montichiari;
    Peschiera e Visano; Peschiera, Gavardo e Montichiari;
    Peschiera, Muscoline e Montichiari.

L’azienda, visto il risultato dello studio dell’ateneo bresciano, decide di puntare sulle ultime due soluzioni, presentando il piano all’Ato che, nel novembre, approva il piano.

Com'è il progetto, in sintesi. Lo schema è il seguente: Desenzano e Sirmione restano collegati a Peschiera, con un sistema di collettamento potenziato; i centri dell’Alto Garda, da Tignale a Manerba, vengono collegati a un nuovo impianto da 100mila abitanti equivalenti da costruire a Muscoline o Gavardo; per i centri del Basso Garda viene costruito un nuovo depuratore a Montichiari da 140mila abitanti equivalenti. Il costo? Duecentotrenta milioni di euro, cento dei quali finanziati dal Governo. Queste in sintesi le motivazioni con cui Acque Bresciane giustifica la scelta:

«La soluzione, valutata positivamente nello studio preliminare dell’Università, rispetta i principi cardine della soluzione oggetto del finanziamento ministeriale, ovvero:

  • la realizzazione di un sistema di collettamento e depurazione per la sola sponda bresciana del lago, ad eccezione di Desenzano e Sirmione;
  • l’individuazione di nuovi impianti di depurazione centralizzati di dimensione almeno pari a 100mila abitanti equivalenti, garanzia ottimale del livello di depurazione e di efficienza gestionale;
  • l’assenza di impianti di depurazione con scarico a lago a tutela di una risorsa estremamente preziosa sia per l’ambiente che per l’ecosostenibilità turistica del lago;
  • l’ubicazione degli impianti con valorizzazione del riutilizzo delle acque depurate in agricoltura, come da linee guida Ue;
  • la riduzione dei rischi autorizzativi e cantieristici rispetto alla realizzazione di un unico impianto e di un unico schema di collettamento;
  • anticipazione delle tempistiche di dismissione delle condotte sublacuali».


Vale la pena di soffermarsi su due punti. Le fognature del Garda verranno scaricate, una volta depurate, non nel lago, bensì nel Chiese o nel Naviglio Grande. L’acqua in uscita dall’impianto è tra le altre cose carica di fosforo, nonostante l’ulteriore depurazione (entro i limiti di legge) prevista prima dello scarico: l’idea di Acque Bresciane è che evitare un passaggio nel Garda, già troppo ricco di nutrienti e con tempi di ricircolo completo dell’acqua pari a venticinque anni, sia un vantaggio dal punto di vista ambientale. In più, per l'azienda lo scarico nel Chiese o nel Naviglio Grande, 250 litri al secondo senza pioggia, potrebbe essere utile per le attività agricole.

Una protesta forte e diffusa. Dall’approvazione del progetto definitivo da parte dell’Ato nel novembre 2018, l’unico passo in avanti è stato il superamento del ballottaggio tra Muscoline e Gavardo. È stato scelto il secondo Comune, in un’area vicina al depuratore in costruzione da parte di A2A per la stessa Gavardo, oltre a Villanuova e Vallio Terme. L’impianto di Acque Bresciane sarà sulla sponda opposta del Chiese e dovrebbe servire, per il 75% i Comuni gardesani e per il 25% centri valsabbini come Vobarno, Muscoline e Roè Volciano.

A rallentare l’iter è stata la protesta che si è sollevata nei comuni interessati dall’impianto, a partire da Gavardo e Montichiari, e in quelli limitrofi. Una protesta istituzionale, con i sindaci in primo piano, politica e popolare, tra manifestazioni, comitati, associazioni come Legambiente e partiti come i Cinque Stelle, oltre a mozioni nei consigli comunali per dire no al progetto (l’hanno condivisa dodici municipi collocati lungo il Chiese) e richieste per una revisione del progetto, rivolte all’Ato e ad Acque Bresciane.

Se questi ultimi due soggetti sono rimasti fermi nella loro posizione, dall’altro lato sono state portate avanti una serie di critiche al piano che si potrebbero riassumere così:

  • il cambio di bacino orografico, da quello del Garda e poi del Mincio a quello del Chiese, è un danno per l’ambiente;
  • il costo per pompare le acque da Salò ai Tormini, da dove poi raggiungeranno Gavardo, è troppo elevato;
  • non c’è alcuna legge che impedisca di scaricare le acque depurate direttamente nel Garda costruendo l’impianto nella zona del lago;
  • il nuovo progetto non risolve il problema della separazione delle acque bianche da quelle nere, il che fa sì che, ad esempio, in caso di pioggia e di riempimento delle condutture una parte degli scarichi finirebbe comunque a lago;
  • i Comuni del Garda non possono scaricare sugli altri i loro problemi fognari;
  • si potrebbe mantenere la situazione così com’è, potenziando la rete di collettamento sistemando le tubature sublacuali per portare tutte le fognature a Peschiera, ingrandendo l’impianto esistente.


Le risposte alle critiche. Nella lunga dialettica di questi ultimi mesi, Acque Bresciane ha avuto modo di chiarire che portare le acque direttamente a Peschiera ha lo stesso costo del pompaggio da Salò ai Tormini (3,5 milioni di euro all’anno), ma che i lavori per un ampliamento considerevole del depuratore già esistente comporterebbero difficoltà tecniche e burocratiche (la sola area disponbibile è del demanio militare) troppo elevate, senza contare che Verona si è già portata avanti col proprio piano che non prevede più i Comuni bresciani, ad esclusione di Desenzano e Sirmione.

Per quanto riguarda il bacino orografico, ciascuno dei progetti esaminati dall’Università (ad esclusione di quello con la sola Peschiera) prevede il passaggio da quello del Garda a quello del Chiese, senza che sia stato ritenuto un fattore invalidante, anche se, a questo proposito, per Legambiente il Testo unico in materia ambientale prevede che i reflui restino nel bacino di provenienza.

Sempre per i progettisti, inoltre, l’impatto delle acque depurate nel fiume è inferiore a quello che avrebbero nel lago, senza contare che un luogo idoneo per realizzare l’impianto in un comune affacciato sul Benaco non è stato individuato.

Per quanto riguarda la separazione delle acque bianche da quelle nere, sono comunque in corso interventi in tal senso (ad esempio a Desenzano), ma va tenuto conto del fatto che i sistemi di collettamento costruiti finora sul Garda in gran parte (circa il 50%) non prevede tale separazione. Per dividere l’acqua fognaria propriamente detta e quella meteorica, insomma, servirà molto tempo, più di quanto sarebbe necessario per il nuovo impianto.

Ecco, a proposito di tempi. Se ci fosse un via libera sul progetto Gavardo-Montichiari, Acque Bresciane prevede almeno tre anni per fare partire i primi cantieri, considerando il fatto che mancano ancora la Conferenza dei servizi e la Valutazione di impatto ambientale (Via), a cui seguirebbero la progettazione esecutiva e poi la gara. Successivamente, i lavori potrebbero durare altri tre anni.

Il fatto che sia passato molto tempo dalle prime discussioni sul depuratore non vuol dire che l'attesa potrà essere infinita: da un lato, ci sono 100 milioni di euro stanziati dal Governo che non possono essere persi, dall'altro l'attuale sistema di collettamento e depurazione è già in sofferenza e presenta alcuni sintomi di degrado che Acque Bresciane giudica preoccupanti, in particolar modo nelle tubature sublacuali.

La scorsa estate, a questo proposito, sono stati fatti lavori di riparazione per 1,8 milioni sulle condutture tra Toscolano e Torri del Benaco.

La situazione politica. Di definitivo, al momento, non c’è ancora nulla. Basti pensare che domani, il 14 novembre, il Consiglio Provinciale è chiamato a votare una mozione presentata dal consigliere Marco Apostoli (Liberi e Uguali - Provincia Bene Comune) in cui si impegna il presidente della Provincia, Samuele Alghisi, favorevole al progetto attuale, a chiedere ad Acque Bresciane di valutare un nuovo studio coinvolgendo tutti i soggetti interessati, dai sindaci ai cittadini, dalle associazioni del Garda a quelle dell’asta del Chiese. In sostanza, il Broletto dovrebbe fare da mediatore - più e meglio di quanto fatto finora - per superare l’impasse, portando Acque Bresciane a rivedere la propria posizione. Il che non esclude, in ogni caso, che gli esiti del nuovo studio possano sollevare ulteriormente polemiche. Visano, Lonato, Montichiari, Muscoline e Gavardo: la sindrome Nimby, Not in my backyard (non nel mio cortile) si è già fatta sentire ovunque.

Un paio di considerazioni, se siete arrivati fin qui. In attesa dell’esito del voto del 14 novembre, ci sono ulteriori riflessioni da fare sui soggetti in campo. L’Ato, o Ufficio d'ambito, è un’azienda speciale della Provincia di Brescia il cui cda è composto da membri nominati dal consiglio provinciale e dal presidente della provincia; Acque Bresciane è un’azienda partecipata dalla stessa Provincia (2,4%) oltre che da Garda Uno (i Comuni del Garda, pari al 18,11%), Acque Ovest Bresciano Due (i Comuni della Franciacorta, 79,10%) e da Sirmione Servizi (0,55%).

La Provincia di Brescia, infine, è l’ente che riunisce tutti i Comuni bresciani. Come si vede dalle ripetizioni nelle frasi precedenti, in questa vicenda, l’intreccio istituzionale ed economico è tale da rendere difficile individuare un soggetto terzo ritenuto autorevole e imparziale da chi si oppone al progetto. Il tentativo fatto con l’Università di Brescia, chiamata a valutare tra i sei piani diversi, non ha dato i frutti sperati.

A questo proposito, non stupisce che venga invocato l’intervento di un ateneo di un’altra città italiana o addirittura straniera. Aggiungiamo inoltre che Gavardo, assieme ad altri comuni valsabbini, è destinato nei prossimi anni ad entrare nell’orbita di Acque Bresciane. Gli stessi soggetti sono seduti su più tavoli senza che da alcuno di essi giunga un accordo condiviso: in una situazione del genere, la sindrome Nimby sarebbe un nonnulla.

Data di pubblicazione: Mercoledì 13 Novembre 2019

Fonte: giornaledibrescia.it

Immagine di copertina: da news originale (Il rendering del depuratore di Gavardo)

 

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